Anche io voglio raccontare un aneddoto sul nonno Bepi nonché mio suocero
Era l’estate del mio primo ingresso nella famiglia di mio suocero, il nonno Bepi. La sua personalità scherzosa e diretta era nota a tutti: pungolava le persone con le sue battute taglienti, ridendo con discrezione mentre esprimeva apertamente i suoi pensieri.
La mia presenza, come ragazza “foresta” veneziana, non era esattamente la sua idea di nuora ideale. Il terzogenito, Gabriele, soprannominato affettuosamente “Nene”, era il mio interesse principale e questo non sembrava del tutto andare a genio al nonno Bepi. Temeva che una ragazza proveniente dalla città lagunare potesse essere troppo delicata e viziata .
Durante quella prima estate nella loro casa, il nonno Bepi, con la sua solita arguzia, decise di mettermi alla prova: ogni occasione diventava un’opportunità per testare la mia resistenza e adattabilità. Le sue battute pungenti erano come piccole sfide e io ho deciso di prenderle con leggerezza, consapevole che era la sua strana e divertente maniera di accogliermi nella loro famiglia.
Un episodio ve lo voglio raccontare
Domenica 7 luglio 1985, festa di San Fortunaz al Rifugio Scarpa, situato a un’altitudine di 1786 metri, festa particolarmente sentita dalla comunità di Frassenè. La mia giornata era iniziata il giorno precedente, partendo da Mestre e percorrendo un lungo viaggio in treno e autobus che, dopo 3 ore, mi aveva finalmente condotta a Frassenè. La mattina della festa, sveglia presto, colazione veloce e via verso il rifugio . Tuttavia, la partenza è stata leggermente ritardata alle ore 9.00, il nonno Bepi aveva la sua consueta lentezza nei preparativi, un tratto che la moglie Maria non esitava a rimproverargli . L’obiettivo era essere al rifugio prima delle 10:00 per non perdere l’inizio della messa. Nonostante le previsioni CAI indicassero un tempo di percorrenza di un’ora e mezza, il nonno Bepi ha dato il via a un’impresa incredibile. In soli 45 minuti, abbiamo raggiunto la cima del rifugio. Un risultato sorprendente se si considera che la stima del tempo di percorrenza era molto più lunga. Il Bepi, con il suo spirito scherzoso, ha fatto sì che ogni passo fosse leggero e divertente, trasformando un’escursione che avrebbe dovuto essere più lunga in un’esperienza indimenticabile e veloce; ma io comunque non essendo abituata alla nuova altitudine sono arrivata in cima trafelata, sudata e con la testa che pulsava dallo sforzo fatto, pensavo che avrei potuto morire ma il Bepi ha esordito con : Brava! Arruolata!
Quella giornata al Rifugio Scarpa è rimasta impressa nella memoria come un mix di risate, paesaggi mozzafiato e l’abilità del nonno Bepi nel rendere ogni momento unico. Una festa che, grazie alla sua personalità unica, ha superato le aspettative e ha reso quella domenica di luglio del 1985 un capitolo indelebile nella storia delle nostre avventure in montagna.
Un giorno mi sono permessa di scherzare con il nonno Bepi, dicendogli che i paesani montanari avevano il riscaldamento gratis. E così, alla prima occasione di una settimana di riposo in montagna con il mio moroso “Nene”, siamo stati calorosamente invitati ad aiutare a fare legna nei boschi e portarla a casa per usarla come combustibile per scaldare la casa durante il lungo inverno.
Per sette giorni ci siamo immersi nella natura circostante. Nelle ore centrali di ottobre, l’aria era tiepida, ma con il calare della sera diventava frizzantina. Ci inerpicavamo sulle rive della montagna, io raccoglievo i rami più leggeri e li trasportavo nel carretto posizionato lungo il sentiero. Il nonno Bepi, con il suo solito umorismo, scherzava dicendo che sembravo una formichina. A fine giornata, il carretto era colmo e facevamo ritorno a casa. Il nonno Bepi esordiva con un sorriso: “Ecco Franci! La legna GRATIS!!”
Quando iniziarono ad arrivare i nipotini, le giornate più calde e colorate di ottobre divennero un’occasione di festa. Partivamo con il carretto verso località come Domadore o Rivamonte sul Poi per raccogliere legna per l’inverno. La nonna Maria, sempre pronta ad aiutare il Bepi, sistemava due materassi di crine sul carretto. Poi lei e i nipoti vi salivano sopra, e così partivamo per la “part” assegnata. In quel caso, la legna raccolta veniva solo accatastata lungo il sentiero, perché al tramonto il carretto serviva anche per il rientro a casa.
Una volta a casa, la Zia Giovanna ci accoglieva con una torta di mele tiepida o frittelle, oppure semplicemente un buon tè caldo con i biscotti. Gli adulti magari sorseggiavano un buon bicchiere di vino fatto in casa, mentre ci sedevamo attorno a un fuoco scoppiettante, godendo della compagnia e del calore di una famiglia che sapeva apprezzare i piccoli piaceri della vita.